2015: Da un po' di tempo Bian e
Gege volevano andare a fare una visita culturale alla
Centrale elettrica di Santa Massenza, ex-ENEL e ora Hydrotour
Dolomiti. Allo stesso tempo ci si azzardava a organizzare una
gita delle
Motocicliste+Una, il gruppo che Raffaella (che parla anche coi sassi facendosi pure dare retta)
era riuscita a mettere insieme... nel mese di settembre il giro lo si è fatto e la visita
alla centrale anche. Questa è stata documentata sul
forum di ProgettoDighe ma, per evitare eventuali danni dovuti al
Digital Oblivion, è stata riportata anche qui.
Informazioni logistiche sulle visite (come, dove, quando, quanto costa)
possono essere reperite al link
http://www.hydrotourdolomiti.it/content ... a-massenza
La visita dura due ore dal momento in cui si lascia la biglietteria
a quando vi si fa ritorno. La guida non indossava "l'uniforme"
aziendale ma aveva un tesserino con logo e nome/cognome, in più era
presente un addetto alla sicurezza, per mettere in atto eventuali
procedure di evacuazione di emergenza. Si conferma il divieto di
effettuare riprese audio/video in TUTTI gli ambienti al chiuso,
quindi non solo quelli di produzione ma anche in quelli didattici.
Nessun problema all'aperto, almeno fino al portale di accesso alla
galleria che porta alla sala macchine.

Dalla biglietteria si procede lungo il viale, ammirando una girante Kaplan (in opera come cimelio ma non appartenente a
Santa
Massenza) e si raggiunge la sala didattica dove viene
dapprima proiettato un documentario di alcuni minuti che illustra
il sistema di Dolomiti Hydrotour, quindi su un plastico del bacino
imbrifero del fiume Sarca vengono proiettati dinamicamente i
tracciati del Sarca e dei suoi affluenti, i ghiacciati del gruppo
Adamello-Brenta e le posizioni di tutte le opere idrauliche: opere
di presa, canali sotterranei a pelo libero, diga di Ponte Pià, lago
di Molveno ("artificializzato", venne svuotato per realizzare le
opere di presa sul fondo) e la sequenza di centrali alimentate
dall'asta. Infine su un altro plastico viene mostrato l'utilizzo
della diga anche per la regimentazione dei corsi d'acqua ad impedire
esondazioni e spiegato il concetto di DMV. Sono stato redarguito per
aver tentato di scattare una foto ad un plastico. La guida qui
suggerisce, per chi ne avesse bisogno, di usare i servizi igienici
perché per l'ora e mezza successiva non c'è modo di farlo.
Si procede ancora all'esterno ammirando una girante Pelton
monumentata e, nei pressi della SSE a 220 kV, la girante di una
pompa differenziale.
La SSE... sono due: una propria dell'impianto,
la seconda è di Terna: esse sono state realizzate sull'estremità
nord del lago che venne interrata con i materiali di risulta dello
scavo della caverna, eliminando la parte acquitrinosa. Il parco AT è
ben visibile dalla sala di telecontrollo, aggettante dall'edificio
accanto al portale (non si visita).

Si viene dotati di caschetti (il nostro gruppo NON è stato dotato di
cuffie via radio) e si procede lungo la galleria di 400 m che porta
alla sala macchine; a intervalli regolari sono presenti riproduzioni
formato manifesto di immagini d'epoca che vengono illustrate dalla
guida e, a metà galleria, vengono proiettati spezzoni del
documentario acquistabile in formato DVD in biglietteria.
Al termine, la galleria di accesso piega leggermente a destra quel
tanto che basta a celarne la vista dall'esterno, espediente
strategico per evitare il cannoneggiamento ad alzo zero della sala
macchine dall'esterno in caso di guerra e attacco agli impianti.
La sala macchine è assai vasta e accoglie un gruppo Francis
verticale (unico in funzione durante la nostra visita, per questo
non siamo stati "audiocuffiati") e sette gruppi con Pelton gemellate
ognuna dotata di due getti, due dei quali gruppi con pompa coassiale
per la reversibilità. Le macchine idrauliche sono Riva e Tosi, gli
alternatori sono TIBB tranne quello del gruppo Francis che è ASGEN.
Nella breve galleria che collega la sala macchine alla galleria
delle valvole rotative (sopra lo scarico delle turbine) viene
proiettato un altro filmato che illustra la "vita" dell'acqua
d'acqua che, dai ghiacciai, scorre lungo l'asta, alimenta le
centrali, arriva al mare, evapora e torna sotto forma di pioggia:
l'aspetto ecologico è marcato in tutta la descrizione.
Passando accanto ai gruppi e salendo una scala al centro della
caverna si raggiunge la sala di controllo, ora impresenziata in
quanto tutto è gestito dalla sala esterna, ma sempre funzionante in
caso di necessità. Dalla vetrata aggettante si ha una panoramica di
tutta la sala macchine. Sul sinottico della sala controllo viene
proiettata, in forma animata (con una voce di sottofondo femminile
che "fa un po' fantascientifico") la sequenza di operazioni per
mettere un gruppo in funzione ed erogare energia, la sequenza per
attivare un secondo gruppo (il Francis) per far fronte a un
incremento della potenza richiesta e la sequenza di pompaggio da
Santa
Massenza a Molveno.
Un altro audiovisivo sarebbe visibile sul gruppo n.1, quello
all'estremità più distante dall'ingresso: sulla carcassa della
Pelton viene proiettato, come se fosse una radiografia, il complesso
della girante e del getto. Purtroppo il gruppo è in manutenzione e
quindi non accessibile.

Un paio di numeri: abbiamo quindi sette gruppi con Pelton gemellate
e una Francis, ecco perché il pieghevole parla di 15 turbine. La
potenza installata è di 380 MW (all'epoca era la idro più potente
del mondo) e la produttività supera il fabbisogno della regione
Trentino Alto Adige. Tuttavia la centrale fa servizio di punta, ed
ecco il perché dei gruppi fermi la domenica. Tute le opere
di adduzione, sotterranee a parte alcuni ponti-canale, si sviluppano
per 60 km.
Un numero che ha fatto presa su tutti i partecipanti: la velocità
del flusso d'acqua in uscita dall'ugello delle Pelton è di 360 km/h
per una velocità angolare dei gruppi di 428 giri/min (quindi
macchine elettriche a sette coppie polari)
Un filo macabra, la stima di
un morto ogni km di scavo preventivata in fase di progetto si
ridimensionò a "sole" 33 perdite umane. Altrettanto macabra un'altra
citazione: la
costruzione in Italia di nuovi impianti idroelettrici a serbatoio
ebbe arresto e colpo di grazia proprio con il disastro del Vajont
che ebbe un impatto fortissimo sull'immaginario collettivo ma,
contemporaneamente, le ditte italiane iniziarono a realizzare
imponenti impianti all'estero perché i committenti stranieri
applicarono il ragionamento "come geologi non sono gran che, questi
italiani, ma come ingegneri edili sanno il fatto loro: la diga del
Vajont è
rimasta in piedi"
All'esterno della centrale,
se lo si desidera, si può fruire di una bella area picnic. |