Da mercoledì 19 a sabato 22 giugno... e
siamo a casa...
Mercoledì 19 giugno: Fort William - New Lanark - 293 km
Eh sì, si parte... nel nostro ruolino di marcia
abbiano ancora un paio di siti da visitare, ma entrambi sono sulla
strada che ci porterà a South Shields ed al ferry per Amsterdam.
Lasciamo Fort William lungo la A82 che costeggia la sponda
orientale del Loch Linnhe, che anch'esso lago non è, bensì fiordo marino. A
Onich si potrebbe piegare a sinistra per entrare nel Glen
Coe, con gli omonimi paese e passo, luoghi tristemente famosi per il
massacro perpetrato
a tradimento il 12 gennaio 1692 dai Campbell ai danni dei McDonald: ancor oggi
due membri dei clan rivali non siederanno mai alla stessa tavola.
Proseguiamo invece lungo la piacevole A828 costeggiando il mare che
si insinua in diverse baie in direzione di
Oban,
la "Porta delle Isole" per via dei traghetti che collegano le Ebridi
(prima tra tutte Mull) alla terraferma. Oban appare molto animata,
fin troppo: desistiamo dal visitarla perché in fondo siamo appena
partiti e ci accontentiamo di ammirare di passaggio i palazzetti
vittoriani sul fronte del porto e il simil-Colosseo sull'altura.
Pieghiamo sulla A85 che si dirige a est per il Pass of Brander e il
Loch Awe (che lago è, invece), e poi per il Glen Lochy e lo Strath
Fillian, in un paesaggio di colline e foreste che si addentra nella
parte occidentale dei Trossachs.
A Crianlarich altra deviazione, ancora a sud verso il
Loch Lomond, il più vasto lago della Gran Bretagna che
occupa una faglia tettonica e poi si allarga frantumando la terra in
diverse isolette. Ci fermiamo a
Luss,
piccolo e grazioso villaggio che, malgrado il turismo, ha conservato
un'impronta abbastanza pittoresca: passeggiata per le stradine
pedonali e tardivo pranzo con una zuppa di pomodoro semplicemente
eccezionale!
A Dumbarton si comincia ad avvertire l'imminenza
di Glasgow, la prima città della Scozia per numero di
abitanti: appena possiamo infiliamo l'autostrada per superarla
rapidamente. Anche Glasgow meriterebbe una visita non superficiale
per ammirare la riqualificazione dei quartieri industriali... ci
vuole una scusa per tornare in Scozia, no? Eccone un'altra!
A sudest di Glasgow c'è il piccolo villaggio di Motherwell, dove
avevamo individuato un hotel molto cheap, di cui non facciamo
il nome: le recensioni di Booking sembravano buone ed il rapporto
qualità/prezzo eccezionale... ci ritroviamo in un'ombrosa ma umida
valletta che avrebbe la sua romantica ragion d'essere
nell'Ottocento, ma non oggi; entriamo e siamo accolti da odore di
muffa nell'ambiente deserto e scuro. Al secondo richiamo arriva il
gestore, con un'aria che ci tranquillizza meno di Norman Bates:
attraversati diversi corridoi con masserizie negli angoli egli ci conduce
alla nostra camera, con una grande bow window dai vetri riparati
alla meglio, un bagno minimale e un'aria generale polverosa... ci
guardiamo e con ferma educazione lo salutiamo, andandocene senza
rimpianti. Puntiamo
verso New Lanark, la nostra destinazione per l'indomani mattina,
tentiamo persino (botta di vita?) di chiedere la disponibilità di
una camera all'elegante New Lanark Mill Hotel, ma purtroppo non ci
sono camere libere. Ci basterà tuttavia girare per Lanark per
trovare un piccolo, graziosissimo B&B dove l'anziana proprietaria ci
metterà a disposizione una camera che sembra una bomboniera, quasi
un peccato entrarvi e disseminarla del nostro bagaglio. Faremo una
passeggiata serale fino a un piccolo market dove compreremo una
torta e sfrutteremo il bollitore del the in camera.
Giovedì 20 Giugno: New Lanark - Newcastle-upon-Tyne
- 305 km
La colazione al B&B in compagnia di una
giovane coppia di
turisti austriaci è gustosa e ci carica per la giornata. Salutiamo la
gentile signora che ci ha ospitati e in una quindicina di minuti arriviamo a
New Lanark per "assaggiare" l'aria di questo particolare
luogo, che purtroppo è visitabile solo a partire dalle 11, un po' tardi per
le nostre esigenze di arrivare al check-in del traghetto per tempo.
Ma cosa rappresenta New Lanark? Citiamo l'introduzione del
sito ufficiale:
"New Lanark, sito Patrimonio
dell'Umanità, è un villaggio centrato attorno ad un cotonificio del
18esimo secolo (...). Il villaggio diventò famoso nel periodo 1800 -
1825 quando Robert Owen era l'amministratore del cotonificio. Owen
trasformò la vita degli abitanti di New Lanark grazie ad idee ed
opportunità almeno cento anni in anticipo sul proprio tempo,
abolendo il lavoro dei minorenni e le punizioni corporali. Tutti gli
abitanti del villaggio ottennero delle dimore decenti, scuole e
classi serali, un servizio sanitario gratis e cibo non troppo
costoso."
Villaggio modello? Esperimento sociale? Comunità utopistica? Questo
e molto altro: New Lanark fu il prototipo dei villaggi operai che si diffusero
umanizzando la rivoluzione industriale in certe parti d'Inghilterra
(non tutte purtroppo) ad opera di pochi imprenditori illuminati ed alle loro idee
che arrivarono anche sul continente grazie ad altri idealisti, come
i fratelli Crespi nell'Isola Bergamasca, noti per la realizzazione di
Crespi d'Adda.

Immerso in un folto bosco sulle rive del fiume
Clyde, "il villaggio di New Lanark è ancor oggi una comunità vivente
e viene curato da un istituto di beneficenza indipendente. I
profitti dell'albergo e delle attrazioni per i visitatori danno la
possibilità al Conservation Trust di continuare a restaurare e
conservare intatto il villaggio storico".
Abbiamo solo tempo per una
passeggiata tra i palazzi ammirando le opere di presa dal fiume
Clyde dell'acqua per
i mulini, poi ripartiamo. Per guadagnare tempo infiliamo
l'autostrada M74 che si snoda con saliscendi e ampie curve tra le Southern Uplands.
People: nessuno scambio di battute, non ce
n'era il tempo nè la possibilità ma, lungo l'autostrada... che razza di veicolo è
quello? Indefinibile da lontano, si è prima distinto un
carrello-appendice da campeggio... ma trainato da cosa? Perbacco, da
un sidecar! Ed eccoci a superare, salutando ricambiati, un vecchio
sidecar dal carrozzino a sinistra con a bordo una famigliola, padre
madre e figlio, che procedono placidi sulla loro corsia...
impensabile da noi in Italia.
A Carlisle siamo ormai da alcune miglia in
Inghilterra: lasciamo l'autostrada per la A69 che punta decisa ad
est lungo le creste delle Cheviot Hills: queste file di colline
parallele, che avevamo incontrato anche all'andata, costituirono il
naturale terrapieno su cui venne eretto il
Vallo di Adriano, il formidabile complesso di fortificazioni
a difesa del confine settentrionale della Britannia romana dalle
incursioni dei Picti, ovvero degli antichi abitanti della
Scozia secondo il nome dato loro dai Romani per sottolineare che
usavano dipingersi il viso. A detta di molti,
il miglior modo di apprezzare quest'altro monumento UNESCO è il
trekking: noi invece ci accontentiamo di infilare stradine
secondarie che seguono il profilo delle colline, sempre sotto il
vento non indifferente, fino a fermarci a
Vindolanda, uno dei siti archeologici tuttora attivi dove
squadre di specialisti e volontari riportano alla luce i resti di un
forte ausiliario.
E adesso bisogna proprio andare, il check-in al
porto di Newcastle è entro le 16.15: riprendiamo le stradine
secondarie con i loro su-e-giù fino alla prima indicazione per la
A69, puntiamo decisi su Newcastle e quindi su South Shields,
dove troveremo una discreta coda di auto in attesa di imbarcarsi.
Come altri motociclisti del posto, non facciamo "i continentali"
superando la fila: qui si aspetta il proprio turno per il check-in e
le formalità doganali. La stiva del ferry finalmente ci accoglie e
l'esperienza di una decina di giorni prima è ormai radicata:
assicuriamo Midori al ponte con le cinghie e ci sistemiamo in
cabina in tempo per andare al bar di poppa (all'aperto, e che
vento!) per salutare la Gran Bretagna mentre la scia della nave si
stempera tra i flutti. Il resto del viaggio procede senza storia,
dopo la traversata dell'andata i ponti passeggeri non hanno più
segreti per noi.
Venerdì 21 giugno: Ijmuiden (NL) - Rastatt (D) - 557 km
Come all'andata, altra sveglia alle 6.30 ma
eravamo pronti all'esperienza. Dopo la colazione scendiamo al ponte
veicoli un po' preoccupati per il bollettino meteo che dà cattivo
tempo al porto di arrivo. Nelle viscere della nave fa un bel caldo
ma molti dei motociclisti che scendono dopo di noi si preparano ad
indossare le tute antiacqua e così facciamo anche noi. Lo sbarco è
lento, abbiamo davanti a noi diverse automobili e iniziamo a sudare
nel puzzo dei gas di scarico finché finalmente ci muoviamo e...
sbarchiamo sotto il Diluvio Universale: il molo di Ijmuiden è
flagellato dal vento e la pioggia cade violentissima: per la
differenza di temperatura e umidità il motore si ingolfa e riparte
solo dopo un robusto cicchetto di starter, mentre un'altra coppia di
motociclisti vedendoci in difficoltà si avvicina: grazie People,
a buon rendere, ora è tutto ok, basta riabituarsi a guidare a
destra.
Raggiungiamo l'autostrada e la infiliamo ma non si riesce a
procedere a più di 80 km/h per le raffiche di vento... tuttavia si
va avanti, avanti, avanti: Amsterdam, Utecht, Arnheim finchè al
confine tedesco finalmente smette di piovere e più si procede più
il cielo si rasserena. Via via ci lasciamo alle spalle
Dusseldorf, Koln, Frankfurt e, poco dopo Karlsruhe,
usciamo dall'autostrada a Rastatt.
Rastatt è una doppia piacevole sorpresa: la scelta della
località per la tappa intermedia sul continente era stata dettata
dal trovare un hotel conveniente a metà strada. Ebbene, la
Bildungshaus St. Bernhard è un pensionato gestito
dall'Arcidiocesi di Freiburg che offre a prezzi convenienti una
sistemazione più che decorosa (la nostra camera è grande quanto
mezzo campo da tennis, pulitissima) a due passi dal centro storico, in un
quartiere molto tranquillo. Rastatt stessa è un'ordinata cittadina
di poco meno di 50.000 abitanti con un notevole palazzo-castello
settecentesco, a un passo dalla Foresta Nera a est e dal confine
Alsaziano a ovest: quando vorremo visitare queste due regioni ne
terremo conto.
People: girando per il centro individuiamo un ristorante,
dove ceneremo assistiti dai consigli di un gentilissimo
capocameriere che parla inglese, francese e ci chiede di insegnargli
anche qualche parola di italiano, altro che freddezza tedesca.
Sabato 22 giugno: Rastatt (D) - Milano (I) - 537 km
Dopo la colazione (piccola nota stonata della
Bildunghaus St. Bernhard, la colazione è un po' povera) re-infiliamo l'autostrada
in direzione sud. A Basel un arcigno doganiere svizzero ci
ispeziona il parabrezza: "Guten tag, vignette?" (pronunciato "vigh-nete"):
vuol vedere il contrassegno autostradale.
Glie lo indichiamo, appiccicato al lato destro del parabrezza...
accidenti, le istruzioni dicevano di applicarlo a sinistra: quanto
sarà "svizzero" questo tizio? Egli si sporge, controlla, sorride e
ci fa proseguire per Olten. Ormai si sente "aria di casa":
Luzern, poi il San Gottardo, Bellinzona, Chiasso... e
l'ultima cinquantina di km che ci porta fin nel box sotto casa.
Quanta
nostalgia dei panorami del nord, però: che desiderio di tornare in
quelle terre per andare oltre le zone visitate e sentire il vento
sul viso. Questo omaggio a Bonnie Prince Charlie è
incompleto, dovevamo tenerci una scusa per tornare e ne abbiamo
incamerate diverse: "quando" vi ritorneremo non lo
sappiamo, ma "se" sicuramente sì, per poter sentire ancora il vento
della brughiera che ci sussurra

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