Bianconiglio e Gegeniglia
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Curiosità nel Parco Adda Nord tra Trezzo d'Adda e Lecco        


Questo itinerario nasce come filo conduttore tra un'illuminata trasformazione sociale di fine Ottocento ed un abominio degli anni Sessanta, quando non c'era la Milano da bere, ma tutta l'Italia mangiava... La narrazione procede nel senso della cartina, anche se l'itinerario è stato percorso in senso opposto e in due distinte mezze giornate (pomeriggi del 31 marzo e 1° aprile 2012)

Lunghezza: 60 km (escluse le tappe di trasferimento)

Inizio itinerario:  Capriate (BG)

Tappe intermedie:
Villaggio Operaio di Crespi d'Adda (BG)
Lungo Adda di Trezzo (MI)
Ponte di Paderno d'Adda (LC)
Traghetto leonardesco  Imbersago (LC) -  Villa d'Adda (BG)
Consonno (frazione di Olginate LC)

Termine itinerario: Oggiono (LC)

Cartografia: Atlante stradale 1:200.000

Galleria Fotografica

 


Visualizza 20120331 Parco Adda Nord in una mappa di dimensioni maggiori


Usciti dal'autostrada A4 a Capriate, si entra nel paese dirigendosi poi verso Trezzo d'Adda ma, prima del ponte sull'Adda, si seguano le indicazioni per Crespi d'Adda entrando nella cosiddetta "Isola Bergamasca", una penisola stretta tra i fiumi Adda e Brembo: qui sorge sin dal 1878  il Villaggio Operaio di Crespi d'Adda, sito censito dall'UNESCO tra i Patrimoni dell'Umanità. La storia del Villaggio è ben descritta in diversi siti e la riassumiamo "brevemente": gli industriali Crespi, tintori di stoffe di Busto Arsizio (i "Crespi tengitt", in dialetto, per distinguerli da altri rami della famiglia ed omonimi) acquistarono un terreno nell'Isola Bergamasca per impiantare una filanda, potendo sfruttare l'energia prima meccanica e poi elettrica ottenuta dal fiume Adda: avendo essi visitato alcuni insediamenti industriali in Inghilterra, portarono in Italia il modello urbanistico che si stava sviluppando (e non furono i soli, lo stesso fecero nello stesso periodo i Rossi nel Vicentino ed i Leumann a Torino, e trent'anni dopo i Solvay a Rosignano): il Villaggio Operaio, non un quartiere di città ma un paese dotato di tutti i servizi necessari ai lavoratori della fabbrica ed alle loro famiglie, le uniche autorizzate a risiedere.

Accesso a Crespi d'Adda Dice l'opuscolo che si riceve al centro visite: "L'uomo, l'industria, il sogno dell'armonia: un villaggio ideale del lavoro, un piccolo feudo dove il castello del padrone era il simbolo sia dell'autorità sia della benevolenza verso gli operai e le loro famiglie": ai giorni nostri una descrizione così ci riporta ai secoli bui, con un padrone-vassallo che copre di angherie i lavoratori-sudditi... ma pensiamo alla condizione sociale dello strato più basso della popolazione dell'Italia del 1878: l'Italia era (e sarebbe stata ancora per decenni) un paese fondamentalmente contadino, in ritardo di quasi cent'anni sulla Rivoluzione Industriale che dall'Inghilterra scendeva verso l'Europa continentale: o si lavorava la terra, senza alcun contributo comunitario né assicurazione contro il maltempo, alla mercé delle stagioni e del meteo, o si era piccoli artigiani con un limitato giro di affari, o si lavorava in fabbriche distanti dal luogo di residenza, quest'ultimo spesso malsano e fatiscente. L'idea del Paternalismo Industriale di persone illuminate come i Crespi fu quella di occuparsi delle persone "dalla culla alla tomba": il villaggio era dotato di ospedale, scuole, chiesa (copia di Santa Maria in Piazza, a Busto Arsizio), negozi, lavatoi, dopolavoro, teatro, docce pubbliche e piscina (a fine Ottocento!) e cimitero, il tutto dominato dalla casa del medico, dalla canonica e dalla villa-castello, residenza estiva dei Crespi. I dipendenti e le loro famiglie vivevano in casette mono o bifamiliari di diversa tipologia a seconda che fossero operai, impiegati, quadri e dirigenti: ogni casa aveva energia elettrica gratuita e doppia fornitura d'acqua: quella dell'acquedotto per cucinare e quella, gratuita, dello stabilimento, per innaffiare il giardino, o meglio l'orto, visto che i Crespi fornivano sementi e concime ai dipendenti che erano tenuti a curare decorosamente l'orto. L'affitto era simbolico e trattenuto in busta paga, l'istruzione dei figli degli operai era garantita dagli imprenditori che sovvenzionavano con borse di studio gli studenti più promettenti per poi assumerli magari come impiegati. Certo, non era tutto rose e fiori, i turni in fabbrica erano anche di 10-12 ore nel frastuono di quattromila telai che producevano 50.000 m di tessuto al giorno in ambiente umido perché il cotone si lavorasse meglio (ed il tessuto Crespi era morbido quasi quanto la seta) ma per l'epoca si trattava di una condizione di vita decisamente decorosa.Il villaggio operaio

Giungendo al villaggio sembra di essere proiettati in Inghilterra: a sinistra, ordinate, le casette operaie oggi di colori diversi (acquistate dai discendenti dei primi operai o da terzi) ma un tempo del medesimo colore, tutte con un basso steccato e il giardino fiorito al posto dell'orto, a destra la lunga teoria di capannoni (oggi vuoti), il cui aspetto industriale è ingentilito da decorazioni in laterizio in stile neogotico, con l'onnipresente stella a otto punte che ricorda la pianta di Sforzinda, la città ideale secondo il Filarete. Le tre ciminiere (due nello stabilimento ed una nella centrale termica) sono anch'esse ornate da decorazioni che denotano il gusto per il "bello" dei Crespi. Partecipare ad una visita guidata è come immergersi nella società del villaggio, perché le guide sono ex-operaie discendenti di altri operai, e la narrazione spazia dalla storia vera e propria del villaggio agli aneddoti curiosi... ma non date loro troppa corda, o dall'ora e mezza prevista si arriva anche a tre ore :)

Lasciata Crespi d'Adda si prosegue per Trezzo d'Adda, al di là del fiume: la cittadina mostra i gioielli di famiglia sotto forma di palazzi più o meno nobili, ciascuno con la propria targa turistica, ma le due attrattive principali sono il Castello Visconteo la cui torre alta 42 metri, oggi in ristrutturazione, domina un'ansa del fiume Adda, e la centrale idroelettrica ENEL Crespi-Taccani, che dall'ansa ottiene l'acqua per le sue turbine grazie ad uno sbarramento. Curiosità: dal lato destro del fiume, per consentire la navigazione fluviale delle chiatte che trasportavano materiale dal lago di Lecco a Milano attraverso il Naviglio della Martesana, la diga può essere aggirata grazie a un canale ed un sistema di chiuse che permetteva alle chiatte di superare il dislivello di circa otto metri; dal lato sinistro esiste ancora la "scala per i pesci", un canale munito di setti e cascatelle che permette ai pesci di risalire e ridiscendere la diga, per non alterare troppo l'ecosistema... i Crespi avevano pensato anche a questo.

Centrale elettrica Crespi-TaccaniAvevamo già visitato il castello in passato e lo rivisiteremo quando la ristrutturazione sarà terminata, e la fortuna vuole che ogni prima domenica del mese la centrale elettrica sia visitabile, e ne approfittiamo. Ora intitolato ad un ingegnere dell'ENEL (Taccani), l'impianto fu voluto dai soliti Crespi per le crescenti necessità del loro stabilimento di Crespi d'Adda, fabbisogno non coperto dalla centrale a ridosso della fabbrica. L'edificio si sviluppa tra l'ansa del fiume Adda e il promontorio del castello, ed è composto da un corpo centrale che ospita gli uffici e la sala di controllo, e due ali laterali: la più corta, a destra, è oggi vuota ma in origine ospitava due gruppi termoelettrici, in quanto i Crespi "non si fidavano" pienamente della portata dell'Adda e temevano che i gruppi idroelettrici non potessero sopperire alla potenza richiesta (di fatto quei gruppi non entrarono mai in funzione), mentre l'ala di sinistra ospitava in origine dieci gruppi ad asse verticale "turbina Francis gemellata - alternatore". Durante una recente ristrutturazione della centrale due gruppi sono stati resi inattivi ma lasciati in opera a scopo storico-documentaristico, altri due privati delle turbine fungono da bypass alla diga in caso di piena del fiume e gli altri sei montano alternatori più potenti accoppiati a turbine a elica (quattro) e turbine Kaplan (due). Esteriormente l'impianto rispecchia il gusto per il "bello" dei Crespi, integrandosi nel paesaggio grazie al rivestimento in pietra locale, il Ceppo dell'Adda, la stessa pietra con cui è realizzato il castello.

Il ponte San Michele con un treno in transitoLa nostra due ruote ha un motore a scoppio, e questo non ci permette di percorrere l'alzaia dell'Adda, esclusivamente ciclopedonale: ci sa che prima o poi, sfruttando la formula treno+bici, sperimenteremo questo tipo di gita. Risaliamo il fiume per la viabilità ordinaria attraverso Colnago e Cornate d'Adda arrivando a Paderno d'Adda che, dalla sponda lecchese, "guarda in faccia" Calusco d'Adda, sulla sponda bergamasca, ma quel che ci interessa non è né a Paderno né a Calusco, bensì si proietta tra l'una e l'altra ad oltre ottanta metri di altezza: il Ponte San Michele. Questa ultracentenaria opera dell'ingegneria del ferro (1889) valica con un unico arco la gola dell'Adda e sorregge una campata di 266 metri a due livelli: sull'inferiore corre la ferrovia Seregno-Bergamo e su quello superiore la strada che collega Paderno a Calusco. Dopo aver ammirato il ponte (ed il transito di un treno) dal belvedere della Chiesina degli Alpini si può scendere sino alla sponda del fiume, parcheggiando accanto alla centrale elettrica Semenza e passeggiare sino ed oltre il ponte per contemplarne l'eleganza da altri punti.

Attraversiamo il ponte (a senso unico alternato) e lasciamo Calusco diretti sempre a nord, verso Lecco ma dopo pochi km stiamo attenti ai cartelli: arrivati a Villa d'Adda seguiamo le indicazioni per il traghetto e lasciamoci condurre dalla strada ancora sino alla riva del fiume: qui le due rive sono unite non da un ponte ma... da una corda di acciaio, su cui scorre la guida di una geniale invenzione falsamente attribuita a Leonardo da Vinci (che per inciso visitò spesso queste lande e ne ebbe ispirazione per i paesaggi che fanno da sfondo ad alcuni suoi dipinti, come la Vergine delle Rocce). Il cosiddetto Traghetto di Leonardo, che collega la sponda bergamasca di villa d'Adda con quella lecchese di Imbersago, consta di due scafi a catamarano uniti da un ponte di 60 metri quadrati e... non ha motore! Grazie a un timone orientabile posto tra i due scafi, data una spinta iniziale da parte del traghettatore da riva, la corrente spinge il traghetto verso l'altra sponda... beh, se la corrente non è abbastanza forte il traghettatore deve metterci un po' di forza di braccia.

Il Traghetto di Leonardo dal lato di Imbersago

Lasciata Imbersago puntiamo verso la zona collinare della Brianza, dove i colli non sono ancora Prealpi: Brivio, Calco, Santa Maria Hoè, e la strada si inerpica con belle curve verso Colle Brianza e Ravellino, per giungere nei pressi di Villa Vergano dove troviamo un'indicazione verso destra, Consonno.

Il Bian scoprì l'esistenza di Consonno per vie traverse, leggendo "Una passeggiata nei boschi" di Bill Bryson: l'autore, nel suo trekking, passava per Centralia, città fantasma della Pannsylvania: incuriosito dalla vicenda di questa città, Bian ne cercò informazioni e, cliccando qui e là su Wikipedia, arrivò alle città fantasma italiane, e quindi a Consonno. Questa frazione di Olginate (LC) ha anch'essa una storia ben descritta in un interessante sito, e riassumiamo anche questa: borgo di contadini e allevatori ma proprietà privata per via di retaggi storici, viene acquistato negli anni Sessanta da un imprenditore, Mario Bagno, che ne vuol fare una piccola Las Vegas lombarda, una Gardaland ante-litteram, e demolisce le case praticamente con gli abitanti ancora dentro (non pensiate sia un'iperbole, non ci fu nessuna vittima ma le famiglie testimoniarono che i muri vennero abbattuti mentre loro erano davvero ancora in casa!), per realizzare le sue idee prive sia di progetto (faceva costruire estemporaneamente per poi abbattere e rifare se non incontrava il gusto desiderato) sia di qualsiasi senso comune, civico ed etico: del borgo originario restano in piedi la chiesa e la casa del parroco, e vengono realizzati un hotel-ristorante, una sala da ballo, un centro commerciale con file di negozi e un parcheggio: nelle idee di Bagno c'è anche un piccolo autodromo... Una volta realizzato, il progetto "tira" e Consonno conosce un periodo di splendore di alcuni anni, in cui è frequentato anche dai VIP dell'epoca, ma la natura "si ribella": la strada di accesso da Olginate, fatta costruire dall'imprenditore, frana per un dissesto, e l'originaria strada di accesso da Villa Vergano è troppo tortuosa e scomoda: inizia il declino, le strutture vengono abbandonate, l'albergo conosce un recupero come casa di riposo per anziani, ma quando l'ente cambia sede viene anch'esso abbandonato, siamo negli anni Novanta e i rave party amplificano l'opera di distruzione iniziata dal Tempo. Sul sito della Radiotelevisione della Svizzera Italiana c'è un toccante documentario (durata 50 minuti) in formato RealPlayer che ben descrive questa "storia di ordinaria follia negli anni del boom economico"

Consonno, il centro commerciale ed il minareto  Consonno, la chiesa e la canonica

Bene, da Villa Vergano si sale per questa tortuosa e assai dissestata strada che, tra i castagneti, regala qualche scorcio su Calolziocorte e Olginate da una prospettiva incosueta, e finalmente l'arrivo a Consonno viene annunciato dal minareto che svetta dal complesso commerciale e... da un gran numero di auto parcheggiate, almeno una quarantina: ma che città fantasma è? In realtà nei weekend è frequentata da pochi generi di persone: i discendenti degli abitanti che vanno al cimitero e si ritrovano in un prefabbricato a giocare a carte e ricordare il passato, i fotografi professionisti o dilettanti che vengono a fare servizi con e senza modelle, i semplici curiosi che vogliono vedere di persona quanto hanno scoperto sulla Rete e, infine, gli appassionati di Soft-Air che, in perfetta tenuta mimetica, e armati delle loro pallottole di vernice, si aggirano in drappelli tra le strutture fatiscenti ed i boschi, simulando scene militari con estremo realismo: quando un "ufficiale" si è presentato ad un subalterno, questi lo ha accolto con un saluto militare da Accademia...

Questa prima esplorazione della bassa valle dell'Adda (da Lecco al Po) è "conclusa", prima o poi ri-gireremo anche più a sud. Adesso si può prendere la strada di casa, per noi è comodo passare per Oggiono e raggiungere la SS36, ognuno faccia come crede :) 


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