Bianconiglio e Gegeniglia
   I VIAGGI E LE GITE DI DUE MOTOTURISTI

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Elogio di Midori Ryuu

        

Il Buddha, il Divino, dimora nel circuito di un calcolatore o negli ingranaggi del cambio
di una moto con lo stesso agio che in cima a una montagna o nei petali di un fiore.

 

(Robert M. Pirsig, “Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta”)
 

Pirsig forse è fin troppo lirico, dato che secondo lo Zen non si riconosce al Buddha l’aggettivo di Divino: non secondo i nostri canoni, perlomeno. Noi occidentali abbiamo solo un’idea confusa e sfumata di cosa sia il Buddhismo Zen, insieme di profonde discipline rivolte all’Io e non al Divino, che permeano la vita secondo ritmi intimi e lentissimi che mal si adattano al nostro modo di consumare tutto, dagli oggetti ai fatti.
Siamo occidentali, troppo occidentali: o troppo cartesiani, o troppo cristiani.

Possiamo forse sposare una di tante interpretazioni sfumate dello Zen, secondo cui è Zen anche qualcosa di ineffabile che si trasmette dal costruttore all’oggetto costruito, e dall’utilizzatore all’oggetto utilizzato. Non c’è niente di cartesiano in questo, perché per il cartesiano tutto è deterministico, specialmente in un manufatto;  né tantomeno si può attribuire a un oggetto un’anima cristiana: in un oggetto inanimato, appunto? Giammai, eresia!
 
Eppure continuiamo ad usare degli oggetti “preferiti” (una penna, un martello,  un orologio) perché stabiliamo con essi un rapporto utilitaristico-affettivo. Secondo me, questo travaso dall’utilizzatore all’oggetto e viceversa di una sorta di “confidenza”, quella che ci fa dire “peccato che il mio orologio si sia rotto, non ne fanno più così”, ebbene secondo me è Zen.

Poi, se un cartesiano sente che quel che capita a lui stesso ha un curioso parallelo con quello che capita all’oggetto preferito,  ci medita sopra e si fa delle domande: non creandosi una risposta mistica giustificativa come farebbe un cristiano, e non volendo ridurre tutto a una “deterministica coincidenza”, magari si fa tentare da questo Zen appena sfiorato e percepisce il rapporto Zen tra sé stesso e l’oggetto preferito.

Oggi il cartesiano di cui parliamo è Bian, e l’oggetto è Midori Ryuu.

L’avete letto il posto del 19 agosto 2013? No? Eccolo qui, poi tornate. Se invece l’avete letto, pensate un po’ a quanto segue.

Il Bian ha dolori al fianco sinistro Midori Ryuu ha la gomma posteriore ormai quasi alle tele.
Il Bian va dal dottore Midori va a cambiare la gomma
Al Bian viene trovata una bella ciste renale A Midori vengono trovati usurati il mozzetto della ruota posteriore e il parastrappi.
Il Bian viene invitato a fare una TAC Midori viene invitata dal concessionario a fare un controllo

In attesa dei controlli, Bian Gege e Midori vanno a farsi un giretto

Il giorno del controllo, Bian va a fare la TAC

Il giorno del controllo Midori viene lasciata dal concessionario

Poche ore dopo Bian viene chiamato: c’è un grosso problema…

... a lui

... a Midori

Di quel che è successo a Bian sapete già tutto... ma cosa è successo a Midori?

"Che problema c'è?"
"C'è una fessurazione sul telaio..."

Una fessurazione sul telaio... Una crepa insomma... un problema decisamente serio. Ma cos’è il telaio? E’ lo scheletro della moto, no? Midori si è scheggiata un osso. Quando un umano si rompe un osso, lo portiamo dall’ortopedico e glie lo curiamo con una steccatura, con il gesso... insomma non si rottama un umano perché si è rotto un osso: ci sarà un ortopedico anche per le moto, no? Eccome se c’è... peccato che per le moto non ci sia il Servizio Sanitario Nazionale. Riparare la spina dorsale di Midori vuol dire smontarla completamente e portare l’osso da un telaista che lo ingessa con una bella saldatura: costo, uno sproposito. Si risparmierebbe con una riparazione palliativa: smontare solo la carena e il serbatoio e fare una saldatura più piccola con un rinforzo. In entrambi i casi però si opera su una parte molto importante, sottoponendola a uno stress termico non indifferente… e poi, se ci sono altri problemi occulti? Infine, fatta la riparazione al telaio, ci sarebbe il resto: il mozzetto, il parastrappi, il controllo dell'ammortizzatore posteriore, il cavalletto centrale da ri-saldare (Midori sembra "bassa" dietro, ammortizzatore da regolare e staffa del cavalletto centrale piegatasi nel cercare di issarvi la sua mole)...

Midori non è un umano: ci può essere uno spirito Zen in lei (già il fatto di rivolgersi a “lei” come se fosse più di un mezzo meccanico…) ma è una motocicletta di quasi tredici anni che ha percorso praticamente sempre a pieno carico oltre 166mila chilometri: non è facile prendere una decisione, ma essa va presa anche abbastanza in fretta, visti alcuni fattori contingenti che spiegheremo più avanti... forse è arrivato il momento di accomiatarci da lei e così, dopo averci ragionato due giorni e infine aver tolto quanto c’era ancora nelle borse, nel bauletto e nei vani la consegniamo al concessionario, firmiamo un atto di cessione in conto vendita e non la guardiamo più... perché la vogliamo ricordare così:

Midori Ryuu
Honda NT650V1 “Deauville”
11 settembre 2001 – 24 maggio 2014
166.504,2 km

Possa tu godere del privilegio concesso alla Fenice, ma anche se non
risorgerai dalle tue ceneri il tuo spirito Zen continuerà a vivere.

 

“Già” mi direte voi: “ma non ce l’avete raccontata tutta: che contropartita ha chiesto il concessionario, che patto avete firmato col Diavolo perché vi ritiri la moto in conto vendita?”. Ebbene, questa è un’altra storia ;)

Aggiornamento del 12 giugno 2014: Midori Ryuu è veramente una Fenice: abbiano saputo che è stata radiata dal PRA per esportazione definitiva, assurgerà a nuova vita in Bulgaria.

 


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