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Vacanze Luglio 2016: Pays Vasco/Euskadi, Pyrenèes e un pizzico di Provence


La prima volta che Bian vide Bilbao, nel piovoso novembre del 2002, non ne fu molto impressionato: lasciamogli la parola:

 “Ero atterrato domenica sera all’aeroporto di Sondika. l’Embraer 145 era poco più di un pullman con le ali, il bagaglio veniva imbarcato e sbarcato sottobordo dallo steward. Mi pervadeva l’inquietudine di essere, per la prima volta, da solo tanto lontano da casa. Una corsa in taxi, il tunnel di Artxanda, i palazzi dalle finestre senza tende da dove, come in un film di Almodovar, si intravedeva la vita privata degli spagnoli, un colpo d’occhio sul museo Guggenheim dal Puente de la Salve (o Salbeko Zubia come dicono qui), forse la vista migliore sull’edificio e l’hotel Jardines de Albia: serata finita. La mattina dopo sarebbe iniziata la full immersion, un corso di aggiornamento rigorosamente in inglese di cinque giorni presso la sede centrale dell’azienda per cui ho lavorato sino alla fine del 2016, anno nuovo vita nuova... La sera la città vecchia seicentesca era un dedalo di vie buie e deserte che la pioggia rendeva infide ma anche la Gran Via, asse della città neoclassica, intitolata al fondatore Don Diego J. Lopez de Haro (e lunga come il suo nome) offriva poco più delle vetrine illuminate del Corte Inglés. Il Cafè Iruña all’angolo dei Jardines era un’oasi di luce calda, anche se solo nelle mie visite successive avrei potuto apprezzare in stagioni più gradevoli il rito del vino, dei pintxos e degli spiedini preparati al momento da gustarsi in capannello con gli amici. Il corso sarebbe finito, da programma, venerdì alle 16, il mio volo di ritorno era sabato alle 14, così andai a visitare il Guggenheim venerdì pomeriggio e sabato mattina il collega Sean (scozzese trapiantato in Euskadi) mi avrebbe portato a vedere Castro-Urdiales. Dopo questa volta sarei tornato in altre sei occasioni a Bilbao per lavoro, apprezzandone la trasformazione da città industriale con fabbriche e cantieri a ridosso del fiume a nuovo polo turistico ed economico dalle innovative architetture, e nacque il desiderio di condividere prima o poi con la Gegeniglia la visita del Guggenheim e i pintxos al Cafè Iruña.

La galleria fotografica

 



SABATO 16, 410 km
Weekend centrale di luglio, l’Autostrada dei Fiori tra Masone e Albenga è un fiume di lamiere roventi; a Bordighera l’ultima area di servizio prima del confine osa proporre benzina (forse DOC?) a 1,875 €/l. Il prezzo crolla a 1,3 circa all’Aire de la Scoperta, una decina di km dopo il confine, dove ci fermiamo per rifornimento e pranzo: le insalate preconfezionate Sodebo scoperte l’anno scorso nel viaggio in Bretagna sono gustose e riempiono senza appesantire. I portali informativi ripetono orgogliosamente “Libertè Egalitè Fraternitè” in omaggio al 14 luglio e a ricordo delle vittime di Nizza di due giorni fa.

Già, ponte del 14 luglio, mezza Francia è in movimento. Le autostrade del gruppo Vinci hanno una caratteristica antipatica: c’è un casello ogni bisognino di piccione e le porte sono promiscue. I francesi, che pagano anche il caffè e il quotidiano con la carta di credito, hanno un’avversione per il tèlepeage: risultato, code ai caselli a cui si sommano le code ai passaggi tre-due corsie (non infrequenti sull’ondulato territorio cisalpino) e quelle alle intersezioni principali. I francesi amano le moto, per fortuna: al nostro incedere tra le due colonne di auto quasi ferme essi si scansano, ma non osiamo superare le colonne ferme ai caselli con somma disperazione della ventola del radiatore. Dai finestrini delle auto i bambini ci salutano e i genitori ci guardano con commiserazione, loro nell’aria condizionata e noi intutati sotto il sole della Còte d’Azur, ma per contrappasso più tardi noi viaggeremo, e loro staranno in coda.

Il primo pernottamento è Draguignan, scelta esclusivamente perché a metà strada tra la partenza e la seconda tappa. A Draguignan non c’è nulla di rilevante: pernottammo qui nel nostro primo e unico motocampeggio al Canyon du Verdon ai tempi della Cagiva River, 34 CV carichi come un mulo da soma, i fantastici materassini autogonfianti che però non si sgonfiavano con altrettanta facilità (espediente gordiano dell’ultima mattina, squartarli con il coltellino): per iniziare la vacanza usciamo dall’autostrada a Theoule-sur-Mer per (ri)percorrere la Corniche de l’Esterel; sinceramente, meglio farlo nella mezza stagione.
L’hotel Le Col de l’Ange ha una piscina tra gli ulivi, ottimo rimedio a diverse ore di moto sotto il caldo, e un buon ristorante.

DOMENICA 17, 405 km
L’autostrada è sempre una corsa ad ostacoli tra code e caselli, per fortuna non c’è traffico pesante. Cambiano i paesaggi: la vista fugace di una chiatta che si approssima alle chiuse del Canal du Midi, un TGV grigiazzurro che serpeggia tra i vigneti.

A Narbonne c’è un esempio di Art d’Autoroute, espediente per collocare sculture di gusto talvolta dubbio in un luogo dove nessuno si lamenterà della loro presenza. L’anno scorso avevamo visto La Colonne Brisèe, oggi Les Chevaliers Cathares, tra qualche giorno perderemo Le Tour de France sur les Pyrenèes per aver imboccato (volutamente) un’uscita prima di quella canonica; intorno a noi, campi di girasoli.

La sosta serale è a Carcassonne, città che non ha bisogno né di presentazione né di descrizione. L’hotel Les Oliviers è a soli 500 metri dalla Citè, la cittadella fortificata, ed ha anch’esso la piscina (era un must nella scelta degli alberghi); il parcheggio è invaso da auto d’epoca: un gruppo di appassionati è all’epilogo del 28° Tour de l’Aude en Pays Cathare: la mattina dopo caricheranno le auto chi sui carrelli, chi (il più ricco?) su un furgone bello quanto un camper anche se senza finestre; un gruppo di belgi è arrivato qui con sedici auto su due bisarche. La sera, passeggiata e cena nella Cité.


LUNEDI 18, 535 km
Terzo giorno di autostrade: questa si chiama Autoroute des Deux Mers fino a Toulouse, poi cambia nome in La Pyrènèenne. Dalle parti di Toulouse un portale si anima e cita: “<n. di targa> 140 km/h: trop vite”, Audi A5 bianca avvisata, mezza salvata. I francesi sono normalmente guidatori disciplinati, se uno supera il limite nove volte su dieci è un parigino. Superata la città dell’Ariane e dell’A380 (enumerati tra le cose di interesse nei monitor turistici degli autogrill) iniziano a palesarsi, azzurrini nell’aria tremolante, i contrafforti dei Pirenei. Le indicazioni iniziano a citare la distanza per Saint-Sèbastien, grafia francese di San Sebastian-Donostia, Paesi Baschi.

Il passaggio della frontiera sarebbe quasi impercettibile se non per i colori e i font dei cartelli. Inizia il bilinguismo Castigliano-Basco ecco il benvenuto: . Cambiano ancora i paesaggi, l’autostrada si snoda tra le montagne (dopo la Svizzera, la Spagna é il paese più montagnoso d’Europa), al primo bivio per Vitoria-Gasteiz un cartello indica in caratteri latini e in grafia araba Madrid e Algeciras, la prima a metà strada, la seconda accanto a Gibilterra: siamo sul corridoio stradale più diretto tra il nord Europa e il Marocco.

Non cambia la temperatura, che si mantiene inconsuetamente alta: i Paesi Baschi hanno un clima atlantico con temperature moderate, la media di luglio dovrebbe essere di 27°C. Bilbao/Bilbo invece finalmente ci accoglie dopo 1350 km con una visione apocalittica, postatomica: le persone per strada fotografano i termometri che indicano l'assurda cifra di 44°C, e tutta la carica che avevamo addosso si scioglie quasi letteralmente alla consapevolezza del perché della tanta stanchezza che avvertiamo. L’Holyday Inn è un frigorifero, sia per climatizzazione che per ambientazione, ma era l’unico con piscina in città: la cosa più simpatica è l'ascensore che, con suadente accento castigliano, declama "suviendo" quando sale e "bahando" quando scende, da cui verrebbe fuori subito un reef "su-viendo, ba-hando, su-viendo, ba-hando...": visto quanto poco ci metterebbero gli spagnoli a fare una canzoncina-tormentone?  Ci sistemiamo in camera, ma “sistemarsi” è una parola grossa: non c’è un armadio per gli abiti, solo un vano aperto con un’asta e quattro grucce, il nostro bagaglio è semiaperto qui e là. La strategia di trasferimento (tutto il necessario per due notti in un’unica borsa) aveva funzionato, ma adesso ci fermiamo qui sei giorni, come lo disponiamo il bagaglio? Rimandiamo al giorno dopo: alle 22, con una luce pomeridiana e 36°C, andiamo a cena nel Casco Viejo.

MARTEDI 19, in metrò
39°C in città: niente moto ma metropolitana e il vento fresco dell’Oceano che ci investe quando ne usciamo a Portugalete. Bilbao, come Bolzano e Firenze, è in una conca (la chiamano “el buzòn”) e sarebbe calda nella misura in cui sono caldi i Paesi Baschi ma, con l’alerta naranja (allarme arancione) di questa ondata di caldo anomalo che riempie il notiziario di RTVE 24h, la città è un forno; per fortuna i sobborghi verso l’Oceano sono più ventilati.

Siamo qui per vedere il Puente Colgante, nomignolo popolare del Bizkaiko Zubia, capolavoro dell’ingegneria del ferro che da oltre cento anni collega le sponde opposte di Portugalete e Getxo consentendo il passaggio delle navi con alberatura; fino a pochi decenni fa Bilbao, sulle rive del navigabile fiume Nerviòn, era città di cantieri navali e industria siderurgica e la necessità di collegare le sponde opposte ha partorito questa struttura elegante e ingegnosa: sospesa da cavi d’acciaio, la barquilla fa la spola da una riva all’altra, praticamente un tram appeso. Dalla passerella a oltre 60 metri d’altezza il panorama è a 360°. La Gegeniglia fa il primo incontro con i pintxos, che saranno quasi sempre il nostro leggero e gustoso pranzo nei giorni a venire.

Nel pomeriggio, museo Guggenheim: la collezione permanente, le mostre temporanee (Andy Warhol, Louise Bourgeois, la Scuola di Parigi al momento della nostra visita) e la bellissima architettura di Frank Gehry che va ammirata da più lati, ha l'aria di gonfiarsi e sgonfiarsi; a Bian la prima volta aveva fatto l'effetto di "un edificio che suona al vento". Tre ore di visita volano in un attimo.

Al rientro in hotel, il disordine dei bagagli qui e là ci fa propendere per una soluzione draconiana che metteremo in pratica domattina. Per festeggiarla in anticipo, cena al Cafè Iruña, così i due motivi principali per portare la Gegeniglia a Bilbao sono onorati. Il Pays Vasco offre comunque molte più attrattive di quelle che vedremo nei prossimi giorni ma nessuno ci obbliga a visitare tutto, la vacanza deve essere anche mentale.



MERCOLEDì 20, 60 km di relax e 240 gradini
Ebbene sì, abbiamo cambiato albergo, grazie all’App di Booking e all’efficienza del suo staff che coordina il check-out anticipato senza penali. In mattinata prepariamo i bagagli e ci trasferiamo pochi km fuori città, per una “botta di vita”.

Palacio Urgoiti ci accoglie con un grande cancello e un viale in salita: l’edificio seicentesco che sorgeva su un’area espropriata per la costruzione dell’autostrada è stato smontato pietra su pietra nel 1968 e ricostruito nel 2004. Molte pietre portano ancora la numerazione applicata durante lo smontaggio, e i muratori dovettero ricostruirlo come un puzzle dopo che la piena del Nervion del 1983 aveva sconvolto il sito di deposito. La nostra camera sarebbe un trilocale, a Milano; il bagno è una cava di marmo. E l’armadio!? A muro, quattro ante: mettiamo tutto a posto e la camera sembra intonsa.

La temperatura intanto è tornata a consueti valori per la zona, e il cielo è nuvoloso: c’è tempo per il pomeriggio in moto e non solo. In mezz’ora di strada siamo su una costa a picco sul mare e dopo un pranzo a base di pintxos e sidra affrontiamo il sentiero che i cartelli annunciano ottimisticamente percorribile in manciate di minuti: in realtà per raggiungere la chiesetta di San Juan de Gaztelugatxe, che sorge su un isolotto, occorre scendere per un sentiero di 1,3 km e quindi risalire per 241 gradini: con il sole non ci avremmo neanche pensato. Facciamo rintoccare la campana tredici volte mentre il giovane guardiano che vende anche acqua e souvenir annuisce; secondo la versione più recente per veder esaudito un desiderio bisogna battere tre tocchi ma la tradizione vuole che essi siano tredici. Rientreremo in hotel per un bagno (piscina!) ma torneremo qui per la cena, un trancio di bonito (Palamita) alla griglia da circa 350 grammi con contorno, un’autentica bistecca di mare, alla cifra ridicola di 10,90 €



GIOVEDI 21, 200 km
Ancora autostrada? Ma dai!? Sì invece: andiamo a visitare San Sebastian/Donostia, circa 120 km a ovest ripercorrendo i nostri passi e facendo un po' di fatica a raggiungere il centro storico, ed anche a parcheggiare: ci sono molti parcheggi per moto ma sono assai ambiti. San Sebastian la si apprezza anche dall'alto, se si va a Bilbao in aereo, ma "è male": è vero che si gode della vista della bellissima baia e della spiaggia de la Concha, con agli estremi il monte Urgull e il monte Igueldo, e l'isoletta di Santa Clara al centro, ma vedere San Sebastian dall'aereo significa che atterrerete a Bilbao dal mare, ovvero che c'è il fortissimo vento di terra che fa abortire molti, molti atterraggi... ma questa è un'altra storia.

Il centro storico è completamente pedonale, le attrattive principali sono la Plaza de la Constitucion dalle case dai balconi numerati, palchi della corrida, e la bella chiesa di Santa Maria. Rinunciamo alla salita a piedi al Monte Urgull ma non a quella a Monte Igueldo (ci si arriva in moto) dove c'è un curioso Luna Park deliziosamente stile anni settanta, nonché il panorama sulla Concha: peccato per il cielo nuvoloso. Il Bian si porterà a casa un nuovo cappello basco tradizionale, della fabbrica Elosegui, dato che quello acquistato 15 anni fa aveva egregiamente fatto il suo tempo.

VENERDI 22, 85 km
Ieri non abbiamo apprezzato molto le strade costiere, oggi ci rifaremo ma prima puntiamo all'interno. Guernica/Gernika è la cittadina resa tristemente nota per l'eccidio perpetrato dai nazisti durante la guerra civile spagnola: oggi è pulita, floreale e ordinata nel suo stile neoclassico, tranne la gotica chiesa di Santa Maria. Una riproduzione in ceramica dell'opera di Pablo Picasso orna una piazzetta.

Seguendo il fiume Oka si arriva poi alla Playa de Laida e alla bellissima riserva di Urdaibai, l'estuario del fiume con le dune di sabbia dorata modellate dalle onde. Bermeo merita la sosta per ammirare il porto peschereccio con la parata di case.

La deviazione su strada parzialmente sterrata verso Cabo Machichaco/Matxitxako non deve spaventare e regalerà la vista del Mar Cantabrico e di San Juan de Gaztelugatxe da un'altra prospettiva, peccato non poter visitare il faro del 1909, mentre dalla base del faro del 1852 (ora semaforo marittimo) ci si affaccia sulla scogliera alta sessanta metri.

 

Sulla strada del ritorno una nuova sosta a San Juan de Gaztelugatxe ci permetterà di scattare qualche foto con il sole che ci ha accompagnato per quasi tutta la giornata.

SABATO 23, 140 km
Oggi ci si spinge ancora più a ovest. L'intenzione originaria sarebbe stata quella di puntare su Santillana del Mar e sulle Cuevas de Altamira ma, come diremo nei pensieri sparsi, le distanze per un tour stanziale sono un po' eccessive. Inoltre la vera grotta di Altamira con le sue stupende pitture rupestri è off-limits per conservarne l'ecosistema, la grotta è stata replicata al millimetro con tecniche fotogrammetriche molto avanzate in un secondo sito ma sarebbe una visita artificiale. L'autostrada si snoda tra i monti a sinistra e il mare a destra, una montagna è dilaniata da una grande cava di pietra (i Canteras de Santullan) dalla base alla vetta.

A Castro-Urdiales Bian c'era già stato un sabato mattina accompagnato dal collega Sean, scozzese trapiantato in Cantabria come responsabile del reparto traduzioni, nell'attesa del volo di ritorno dal suo primo viaggio di lavoro a Bilbao. Antico sito romano e poi porto fortificato, ha bei palazzi neoclassici che prospettano a mare, ottimi ristoranti (la cucina basca/cantabrica è fenomenale), resti di un castello e la grande chiesa di Santa Maria de la Asunciòn. Oggi poi il mercato del sabato vivacizza ancor di più la piazza del Municipio.

 

Una manciata di chilometri più a ovest e siamo a Laredo: questo antico porto peschereccio che oggi è una località balneare con 5 km di spiagge non sarebbe di grande interesse se non per (anche qui) la chiesa di Santa Maria de la Asunciòn, ma è l'occasione di incontrare Frederique, compagna di piscina del Bian. Nata a Pau, nel dipartimento dei Pyrenées Atlantiques da una famiglia di origine cantabrica, ha qui la casa di vacanza; passiamo insieme un paio d'ore a chiacchierare e bere vinho tinto e sidra, inviando poi una foto al gruppo Whatsapp degli amici di vasca.

 

DOMENICA 24, 385 km
E' venuto il momento di lasciare i Paesi Baschi, anche se ci sarebbe ancora tanto da vedere, ma ci sono un paio di luoghi nel viaggio di ritorno a cui vogliamo dedicare qualche giorno, così prepariamo i bagagli, salutiamo la sempre gentilissima receptionist Noemi e lasciamo il bel Palacio Urgoiti.
Destinazione del viaggio di oggi? Lourdes! ma ci andiamo per strada contorta. Percorriamo un breve tratto di autostrada e poi usciamo immergendoci in boschi del tutto "svizzeri" fino ad arrivare a Loyola. E' ben noto che il Bian non è credente, ma apprezza il pragmatismo dei Gesuiti e ha una grandissima ammirazione per Francesco, l'attuale Papa. Bene, a Loyola nacque Ignazio, il fondatore della Compagnia di Gesù ed ivi è eretto il grande santuario in stile barocco, che merita la visita.

Ancora la strada percorre valli strette e ombrose che cambiano completamente l'impressione di terra bruciata che molti hanno della Spagna, mentre lasciamo il Pays Vasco ed entriamo nella Navarra. Dopo la sosta per il pranzo a Tolosa infiliamo ancora l'autostrada per guadagnare tempo mentre il cielo già nuvoloso tenta di spargere un po' di pioggia. Verso Irurzun due grandi picchi montuosi fanno da cornice all'ampia pianura coltivata a grano che si stende al di là di essi, dove l'aria tremolante preannuncia Pamplona, dove però non ci fermeremo, meriterebbe una visita solo lei.

La bella valle del fiume Argia sale verso la famosa Roncesvalles dove la strada ci regala curve pirenaiche. Qui la chiesetta e le indicazioni del Cammino di Santiago (che parte dal versante francese, a Saint-Jean-Pied-de-Port) sono affollati dai turisti: il Passo di Roncisvalle (Puerto de Ibañeta / Col de Roncevaux 1057 m) poco sopra il paese è immerso nelle nuvole, non si vede niente, tantomeno il fantasma di Orlando.
Scendiamo dal versante francese dei Pirenei, accompagnati ancora da scritte bilingui, basco e francese. Anche il villaggio fortificato di Saint-Jean-Pied-de-Port meriterebbe la visita, come segnalatoci da Frederique... quante cose ci sono da vedere nel mondo... ma il tempo stringe e scendiamo sempre più fino a trovare La Pyrenéenne e ripercorrerne un tratto fino ad arrivare a Lourdes.
Nel raggiungere l'Hotel la Solitude, in riva al fiume Gave de Pau facciamo conoscenza con la complicata viabilità della cittadina e con l'affollamento dei pellegrini... e già l'impressione generale è negativa. La receptionist parlante italiano (qui si parlano più lingue che al Parlamento Europeo) ci annuncia orgogliosamente che l'hotel ha otto piani, la piscina panoramica (beh, una grossa vasca in un attico vetrato) e ben cinque ascensori (altro che Solitude)... la camera ricorda quella dell'Holiday Inn di Bilbao, mancanza di armadio compresa, ma in stile più povero. Ci sistemiamo e poi usciamo per la cena.

LUNEDI 25... 10 km da ridere
Descrizione di Lourdes: "ristorante mediocre, negozio di souvenir, hotel... ripetere a piacere". I ristoranti osano cucine paneuropee; nei negozi di paccottiglia, tra le taniche da cinque litri per raccogliere l'acqua benedetta, inquietanti volti di madonnina concavi ti seguono con lo sguardo. Mille volontari portano in giro gruppi e singoli, la sera prima hanno fatto festa fino a tardi mentre gli assistiti erano a dormire. Perché siamo venuti a Lourdes? Era sulla strada, il luogo è ben noto (secondo polo francese per numero di visitatori e hotel, dopo Parigi), le strade pirenaiche attirano e comunque, anche se il Bian non è credente, la Gege lo è ed una preghiera per la sorella è immancabile... ed eccoci a visitare il grande Santuario che consta di tre chiese, della grotta e delle vasche. Qui, al contrario del paese, si percepisce comunque un'atmosfera di intensa devozione.

Intanto, un'altra pazza idea si fa strada nelle nostre menti e, rientrati in hotel, diamo via libera ad una ricerca sull'App di Booking che ci trova un hotel nel villaggio di Agos-Vidalos, una manciata di km da Lourdes. Ancora lo staff di Booking ci coordina il check-out anticipato, prepariamo rapidamente i bagagli (non li avevamo smontati del tutto, non c'era spazio) e battiamo il nostro record personale di permanenza breve in un hotel, meno di 24 ore. L'albergo Chez Pierre d'Agos è immerso in prati svizzeri in una larga valle che punta vero i Pirenei, la camera è confortevole, la piscina rinfrescante e la cena in mezza pensione è gustosa... come fuori programma, una di queste notti avremo un falso allarme della sirena antincendio (qualche ospite ha fumato in camera?), meno male che gli idranti a pioggia non si sono attivati ;-)

MARTEDI 26, 105 km
La mattina si torna a Lourdes. "Ma come, ne siete appena andati via!". Si, mille volte meglio dormire fuori, ma c'è ancora da visitare il Castello che ci prende la mattinata, inoltre approfittiamo delle sempre diffuse lavanderie self service per fare il bucato mentre pranziamo.

Nel pomeriggio puntiamo nella valle in direzione sud incuneandoci tra i Pirenei fino a Luz-Saint-Sauveur, paesino che vanta una piccola ma importante chiesa detta "dei Templari", fortificata da una cinta di mura e da un ormai interrato fossato con ponte levatoio, per proteggere a popolazione dalle scorrerie dei briganti spagnoli.

Lasciata Luz-Saint-Sauveur, scendiamo ancora verso sud (e saliamo di quota) per una bella strada tortuosa fino allo spettacolo naturale del Cirque de Gavarnie, un circo glaciale classificato come Monumento Naturale dell'Umanità dall'UNESCO, di sei km di diametro e pareti dalle creste fino a 1500 metri di altezza, da cui cade una cascata di oltre quattrocento metri di salto. La zona sarebbe adattissima ad un'escursione e infatti è meta di numerosissimi randonneurs.

MERCOLEDI 27, 100 km
La Route des Cols, al pari della Route des Grandes Alpes, è un itinerario turistico sul versante francese dei Pirenei che attraversa ben trentaquattro colli dal Golfo di Biscaglia al Mediterraneo (sarebbe un gran bel programma di viaggio): oggi ci accontenteremo di salire le rampe del Col du Tourmalet, reso famoso da numerose edizioni del Tour de France. La strada è quella di ieri fino a Luz-Saint-Saveur, quindi punta a est con una pendenza intorno all'8% per una ventina di km e lo strappo finale al 10% fino ad arrivare alla quota di 2115 m slm, sotto la statua del Gigante dei Pirenei, dedicata ai ciclisti.

Dopo la sosta al colle, un breve tratto in discesa ci porta alla stazione invernale di La Mongie da cui parte la funivia che sale ai 2876 metri del Pic du Midi de Bigorre, una cima pirenaica su cui sono stati eretti un osservatorio meteo-astronomico, una stazione radiotelevisiva e l'immancabile ristorante. Anche se siamo immersi nelle nuvole basse che colmano questo versante del colle, dal Tourmalet l'osservatorio era chiaramente visibile, quindi ci godiamo durante la salita in funivia lo spettacolo di emergere dalla lattigine appesi a un cavo e proseguire verso la vetta assolata ammirando il mare di nubi e le cime che riescono a fare capolino: il panorama a 360° è eccezionale. Sulla vetta un piccolo museo mostra strumenti d'epoca e una mostra fotografica espone spettacolari foto notturne del fondovalle e del cielo: siamo in una cosiddetta Riserva del Cielo Stellato, in particolare questa è un'area di 50 km di raggio dove si sono prese tutte le accortezze per ridurre al minimo l'inquinamento luminoso per assicurare condizioni ideali agli strumenti ottici ospitati nelle numerose cupole dell'osservatorio. Alcune di esse ospitano eliografi e coronografi dove anche in questo momento diurno gli scienziati osservano il sole. Un tecnico illustra ai visitatori un piccolo strumento amatoriale per ammirare il Sole, dal quale emerge una bellissima protuberanza e diverse macchie, segno dell'attività della nostra stella al picco del suo ciclo undecennale. Purtroppo le cupole non sono visitabili.

Dopo il pranzo riscendiamo dal versante est e rientriamo a Lourdes passando per Bagnères-de-Bigorre. Il pomeriggio non volge ancora al termine e ci regaliamo l'ascesa in funicolare al Pic du Jer, il monte di 951 m slm presso Lourdes da cui si gode un bel panorama su tutta la vallata. Alla fine si rientra in hotel, stasera si fanno i bagagli, inizia il viaggio di ritorno con la sua tappa intermedia.

 

GIOVEDI 28, 515 km
Salutiamo lo staff dell'hotel dove ci siamo trovati bene e di nuovo infiliamo La Pyrènèenne ripercorrendo la strada dell'andata per Toulouse, Narbonne, Montpellier e Nimes dove usciamo e, attraverso le dipartimentali, raggiungiamo il paese di Saint-Remy-de-Provence, un piccolo borgo a sud di Avignon che vanterebbe anche un pregevole sito archeologico romano, Glanum, dove alloggeremo per due notti all'Hotel de la Caume, piccolo, spartano ma pulito e con una piscina provvidenziale dopo il lungo viaggio sotto il sole provenzale. A cento metri a piedi, lungo la bella D99 ornata di platani, il consigliato ristorante La Galine offre ottime specialità del territorio. Il perché della tappa lo scoprirete domani, o meglio, tra due righe.

VENERDI 29, 25 km e tanta magia
Ronin è un bel film d'azione e spionaggio diretto da John Frankenheimer, con un cast di tutto rispetto tra cui spiccano Robert de Niro e Jean Reno: è uno dei film preferiti da Bian e Gege. Attento maniacalmente ai dettagli, Bian aveva ammirato diverse volte la breve scena ripresa a volo d'uccello dell'auto di Sam e Vincent che percorreva lentamente una tortuosa strada tra imponenti blocchi calcarei mentre i due fuggivano da Arles, e aveva pensato "io quella strada la devo percorrere". Una breve ricerca su Internet dava, tra le location del film, la zona di Les-Baux-de-Provence e, visto Google Maps, i pezzi del puzzle sono andati a posto da soli in modo inaspettato: era la D27 della Val-d'Enfer, tra il castello di Les-Baux (si vede all'inizio della scena) e Les Carrieres de la Lumiere (se ne vede il parcheggio)... e diventava una tappa immancabile!

Così un breve percorso circolare con base a Saint-Remy ci ha condotto alla scoperta del paese e del castello di Les-Baux-de-Provence, siti tra i più visitati di Francia con un milione di turisti all'anno, incredibile per un paesino così piccolo... ma lo sapevamo già: i nostri cugini cisalpini hanno il dono di trasformare un cumulo di rovine (tale sarebbe il castello di Les-Baux) in una visita affascinante per adulti e bambini grazie al percorso sullo sperone di roccia, naturalmente protetto da tre lati da alte falesie, ove sono esposte macchine medievali da guerra, ai rampards del castello da cui si gode di un'ottima vista sulla campagna coltivata a ulivi a sud e sulle Alpilles a nord, alle ricostruite botteghe dove artigiani in costume esercitano le loro maestrie e al campo di tiro alla balestra dove provare a centrare il giallo del bersaglio con la micidiale arma. Il villaggio ha numerosi punti di ristoro e numerose altre attrattive come chiese, cappelle e musei.

Les Carrieres de la Lumiere nasce dalla felice intuizione di trasformare delle cave di calcare sotterranee in un sito per spettacoli multimediali: nelle vaste sale alte fino a quindici metri, proiettori computerizzati animano immagini in uno scenario di intensa suggestione: nel periodo della nostra visita il tema erano le opere di Marc Chagall, con uno spettacolo son et lumière di circa mezz'ora inframezzato... ma guarda, da una rivisitazione di Alice nel Paese delle Meraviglie, con tanto di BianConiglio!

La cosa curiosa è che regista, coreografi ed altri autori dello spettacolo multimediale sono italianissimi! Pensate ad uno spettacolo del genere nelle Cave di Prun, in Lessinia... già, ma prima bisogna metterle in sicurezza e poi, con che viabilità ci si arriverebbe? Lasciamo stare...
Al termine della lunga giornata dalla breve percorrenza rientriamo in hotel: domani si torna davvero.

SABATO 30, 555 km
Sempre meglio avere un giorno cuscinetto al ritorno, per riposare dopo il lungo viaggio o per assorbire eventuali imprevisti, invece è andato tutto liscio. Il ritorno non ha storia: la D99 fino a Cavaillon e poi autostrada, autostrada e autostrada e dopo 3550 km siamo a casa...




Pensiero 1
: anche questo viaggio è stato rigorosamente no-GPS: anzi, addirittura il supporto cartaceo é stato l'Atlante TCI 1:800.000 del 1994, e da allora abbiamo trovato molti tratti autostradali in più. Certo che, con l'occhio abituato alla scala 1:200.000 è venuto facile sottostimare le distanze, e il programma di viaggio avrebbe dovuto essere questo:

ma già dalla visita di San Sebastian ci eravamo resi contro che il raggio di azione previsto sarebbe stato equivalente a voler visitare Torino, Genova, Bologna e Verona avendo per base Milano: un po' troppo pretenzioso. Non avremo visto tutto ma del resto non occorre sempre vedere tutto, no? Questo fa sorgere un'altra considerazione: con Internet si vede tutto in anticipo e ci si fanno anche delle aspettative che magari non vengono esaudite. Forse dalla prossima volta guarderemo meno TripAdvisor, dove ormai è stato già fotografato e pubblicato tutto, e ci gusteremo di più la scoperta.

Pensiero 2: da dove arrivi la lingua basca è ancora quasi un mistero. Una volta Bian conobbe per lavoro un responsabile CED aziendale che aveva una inconsueta scolarizzazione per essere un informatico. Era un biologo evoluzionista che gli disse che dallo studio del DNA mitocondriale si è evinto che i Baschi, i Bretoni e i Gallesi sono i discendenti diretti dell'Uomo di Cro-Magnon e ciò è all'origine della differenza anche linguistica di queste tre etnie rispetto agli altri europei. Tra aneddoti e curiosità, la prevista dimostrazione del nostro software antivirus finì con una chiacchierata sul miglior modo di nominare le fotografie per ordinarle cronologicamente.


 A questo punto viene il momento dei


Il primo é per Ibram, giovane immigrato africano che vende borsette tarocche al mercato dietro casa. Il giorno della partenza, appena usciti dal box e transitando accanto al mercato settimanale davamo la precedenza all’autobus e, appena passato questo, siamo partiti svoltando... ed ecco che la classica massaia per la quale le strisce pedonali sono un’opinione (erano dietro di noi) ci passa davanti col carrellino. Frenata di colpo e bam, giù per terra. Tutti a guardare, tranne Ibram che é venuto (unico) ad aiutarci a tirarci fuori da sotto la moto carica. Neanche un graffio ma tanta rabbia per la massaia ormai eclissatasi, per un gancio della borsa laterale destra staccatosi e per una fibbia della borsa da serbatoio strappata: niente di meglio per iniziare, no? se il buongiorno si vede dal mattino… E invece Ibram ci dice “al nostro paese, se qualcosa va male all’inizio, allora andrà tutto bene”. E così é stato. Grazie per il tuo augurio, Ibram, é stato una benedizione.

Il secondo é per Beppe Severgnini. “Signori si cambia” é il libro che Bian ha letto poco prima di partire. E' una raccolta di reportage di viaggi in treno (e non solo): niente di epico ma tanti aneddoti quotidiani che ti mostrano semplici dimensioni di descrivere un viaggio. Mi ha dato la conferma che uno stile tra la guida turistica e i piccoli accadimenti giornalieri è piacevole anche se non trasmette direttamente emozioni: quelle sono troppo personali. Ci sono tanti modi di descrivere un viaggio, nessuno più valido a priori: Hervé Joncour va dalla Francia al Giappone in meno di una pagina, e così fa per ben per tre volte nello stesso libro (Alessandro Baricco, “Seta”) mentre il Capitano Strogoff impiega un intero romanzo per andare da Mosca a Irkutsk (Jules Verne, “Michele Strogoff”), dipende da dove si svolge l’azione focale. Ecco, nel mio caso c’era un certo equilibrio tra la strada e i luoghi, nessuno doveva prevalere sull’altro, e il relax della vacanza ha amalgamato il tutto. Lungi da me imitare BSev, al massimo posso scimmiottarlo, ma la lettura é stata gradevolissima.

Il terzo é per la Gegeniglia: perchè mi ha regalato “Signori si cambia” e perché me l’ha donato malgrado fosse un "regalo a richiesta", quindi vale doppio: pur avendole tolto il piacere di scegliere, lei mi ha esaudito. E poi per mille altri motivi, per i quali devo ringraziarla ogni giorno :-)
 
Buone strade e buoni giorni! (saluto azteco)

La galleria fotografica


 


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